La dirompente potenza del numero zero

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Si può discutere per un mese e tirarla finché si vuole, ma lo zero è lo zero. Lo zero è il niente, il vuoto, il simbolo del fallimento: quello del Front National di Marine Le Pen. Zero è il numero di Dipartimenti che il suo movimento ha portato a casa in questa tornata elettorale francese, a zero è la credibilità della figlia di Jean-Marie e forse addirittura sotto zero sono le possibilità che il delirante progetto politico del FN veda la luce davanti alla rinascita del neogollismo sarkozysta.

Solo stolti e sprovveduti avrebbero mai potuto credere a un loro successo. Gli stolti perché forse ignari del sistema politico francese, e del patto repubblicano che unisce Socialisti e Gollisti checché ne dicano i “nì nì” di Sarkò. Gli sprovveduti perché forse troppo inclini al fascino del cazzaro, vera malattia di questi tempi. Nicolas Sarkozy è un genio politico, e lo è sempre stato. Non ha contestato il Front National ma ha preso le sue proposte, le ha rese quantomeno presentabili e le ha sbandierate come sue: trionfando sulle macerie di Hollande.

L’insegnamento massimo del Generale De Gaulle: “I Francesi al primo turno si sfogano, al secondo votano”. Al primo turno il Front National ha sfiorato il 25%, sì, ma alla fine della storia non porta a casa neanche un Dipartimento. In mezzo a tanto stupore, dovrebbe risaltare la banalità di questo ragionamento. Dovrebbe.

Perché sto con Houellebecq

Houellebecq

Michel Houellebecq. Provocatore, contro ogni tipo di sistema, nichilista: un uomo che se ne sbatte di tutto. Pensa una cosa e la scrive, la rivendica in televisione, diventa addirittura caso letterario. Uno scrittore come pochi ne sono rimasti: aria da poeta maledetto, vis polemica come ragione di vita, denuncia dei malanni di questa società occidentale sempre più imbizzarrita come oggetto dei suoi libri.

Nel mese passato dall’uscita di Soumission si sono lette recensioni divise abbastanza equamente tra sviolinate e roghi accesi, anche perché ormai la figura del recensore è difficile da viversi, soprattutto se si prova a scrivere di libri che nemmeno son stati letti. Il paradigma è semplicissimo: un libro che narra di una Francia islamizzata che esce nei giorni dell’attacco jihadista a Parigi. Da una parte quelli della smodata e urlata difesa della società occidentale, dall’altra quelli della sguaiata offesa e dell’accusa di islamofobia a uno scrittore.

Uno scrittore, appunto. Non Hollande, un ministro, un ambasciatore: uno scrittore che scrive quel che cazzo gli pare. E lo scrive pure bene, con una prosa e una scrittura più che introvabile. Chi ha levato gli scudi contro Michel Houellebecq nemmeno sa chi sia, Michel Houellebecq. Perché conoscendo l’uomo avrebbero capito che in questo momento da un provocatore nato come lui non avrebbero potuto aspettarsi altro. Per le belle storielle moraliste bussare da Franzen, Safran Foer, Hosseini: non da H’becq, diamine.

Houellebecq il quale non ha fatto altro che ricordare come la libertà o è per tutti o per nessuno. E come molti di noi si credano liberi senza assolutamente esserlo.

Neolingua Ticinese

http://gas.social/2014/12/24/neolingua-ticinese/

Insomma, stando a un sondaggio pubblicato su “L’Hebdo” in uscita questa mattina, pare che la stragrande maggioranza degli Svizzeri, il 68,9%, se posta davanti alla scelta tra contingenti e mantenimento degli accordi bilaterali con l’UE sceglierebbe la seconda opzione. In Ticino le percentuali si rovesciano, con solo il 30% di favorevoli al mantenimento degli accordi con l’UE.

Ciò non vuol dire che Svizzero tedeschi e Romandi siano filoeuropeisti o, come si dice tristemente alle nostre latitudini, “spalancatori di frontiere”. Significa semplicemente che conoscono molto meglio di noi il significato delle parole. Evidentemente da loro “Accordi bilaterali” significa un insieme di compromessi con l’UE che portano vantaggi reciproci, mentre nella neolingua ticinese di stampo orwelliano significa “Aderiamo senza se e senza ma all’UE, adottiamo l’euro come moneta e spostiamo la capitale a Berlino”.

Evidentemente ciò che da noi si esprime con sofismi tipo “L’aumento dei frontalieri è tutta colpa dell’UE” da altre parti non esiste perché esistono partiti di governo che si riempiono meno la bocca di parole, soprattutto di domenica, e prendono iniziative interne per regolamentare il mercato del lavoro, come a Ginevra, e senza sparare ad alzo zero sull’UE.

Ma, soprattutto, i problemi che in Ticino si pensa di risolvere con muri a Chiasso o scempiaggini come “bala i ratt” vengono gestiti in altri Cantoni con quell’antica arte che si chiama “buona politica”.

Come all’asilo.

http://gas.social/2014/12/19/come-allasilo/

Va bene, siamo in campagna elettorale e finire col proprio bel faccino in apertura di tutti i portali di news per qualche ora fa sempre comodo. Ma lo show di ieri in Gran Consiglio, con protagonista anche un candidato al Consiglio di Stato, il che è tutto dire, non fa ben sperare per il nostro avvenire politico.
Sospendere una seduta parlamentare perché ci si perde tra eunuchi, cornuti e battutacce da bar di una banalità tale che nemmeno vengono capite dal destinatario ha fatto sembrare il Gran Consiglio un asilo dove invece dei bimbi abbiamo visto politici che si sono insultati e minacciati col dito inquisitore alzato, che hanno giocato a far le primedonne per un minuto di visibilità in più, che in barba a ogni regola di etica e decenza sono sembrati venditori al mercato del pesce più che rappresentanti del popolo. Uno spettacolo di cui avremmo fatto tutti a meno.
Per finire, l’irascibilità in politica non conduce a niente. Fa perdere lucidità, fa passare dalla parte del torto anche quando si ha ragione, demolisce qualsiasi argomento portato in precedenza. Ai bambini insegnano subito che se chiedi scusa recuperi il terreno perso. E insegnano pure che accettare le scuse è sintomo di maturità, intelligenza, correttezza. Perché chiunque sbaglia, l’importante è capirlo. Anche se qualcuno, in quella sorta di aula d’asilo che è stato il Parlamento ieri, sembra non averlo compreso.
Vabbe’, pace. Però la prossima volta una bella tisana.

La Destra e i proclami che si perdono nel vento.

http://gas.social/2014/12/18/la-destra-e-i-proclami-che-si-perdono-nel-vento/

Il voto sulla tassa sui parcheggi proposta da Zali dimostra come ormai il PLRT e il PPD nemmeno si nascondano, nemmeno provino a giustificarsi: fanno tutto alla luce del sole e, come tristemente successo ieri, sotto lo sguardo da vedetta di Lucibello e Dedini. Senza vergogna.

Senza vergogna esattamente come l’UDC. Quelli di “Bala i ratt”, quelli del 9 febbraio e della Svizzera a rischio esistenza per colpa di quegli stramaledetti frontalieri, ieri cosa avranno mai votato sulla tassa di Zali? Ovviamente un bel No, risultando quindi decisivi per il suo affossamento. Ennesima dimostrazione che i Ticinesi interessano ben poco alla Destra, visto che all’atto pratico, quando cioè bisogna prendersi delle responsabilità, proprio lei, la Destra, decide di stare col padronato.

Questo balzello avrebbe risolto la questione? Certo che no, da solo. Ma sarebbero stati soldi che avrebbero potuto migliorare la qualità dell’aria del Mendrisiotto, che avrebbero spinto a usare più treni e meno automobili, che insomma sarebbero stati spesi a favore della nostra comunità. Questo è prendere in giro i cittadini in difficoltà, illuderli di avere in mano chissà quale soluzione ma poi votare sempre in favore del padrone di turno e dello status quo. Bella roba.

Il PLRT, il PPD e l’UDC ieri hanno dato una tristissima dimostrazione di tutto ciò che non ci vuole in politica e soprattutto nel nostro Cantone: mancanza di coraggio e profonda incoerenza. Non un gran biglietto da visita per chi ambisce a un raddoppio o a un ingresso in Consiglio di Stato.

Nuova Valascia, nuovo credito cantonale?

http://gas.social/2014/12/17/nuova-valascia-nuovo-credito-cantonale/

Ricordate la guerra termonucleare che Lega e Savoia hanno condotto contro il credito concesso dal Consiglio di Stato per partecipare a Expo? Bene, la notiziola di ieri è che o saliranno ancora sulle barricate o accetteranno con gioia che più di 4 milioni di franchi del Cantone siano destinati alla delocalizzazione della Valascia, la pista dell’Ambrì Piotta.

La pista dell’HCAP è su terreno edificabile, ma in un punto considerato ad alto rischio valanghe, al punto che la Lega Nazionale di Hockey ha intimato ai proprietari dell’infrastruttura di rinnovare l’impianto e metterlo in sicurezza. Il fatto è che puoi ristrutturare quanto vuoi, ma la zona resta di elevato pericolo, quindi l’unica alternativa rimasta in campo è stata quella della delocalizzazione. Tradotto: costruire una nuova Valascia, a Quinto.

Ieri il Consiglio di Stato ha chiesto per l’opera lo stanziamento di ben 4’748’840 franchi come sussidio cantonale. Neanche nell’Italia presa quotidianamente per il culo a queste latitudini sarebbe successa una cosa del genere. Un esempio per tutti: la Juventus, che per motivi di sicurezza e logistica a Torino non ha più voluto giocare né al Delle Alpi né all’Olimpico, ha aperto il portafoglio e ha costruito il suo nuovo stadio di proprietà. Idem, ma non scomodiamo i santi, il Bayern Monaco, che ha appena estinto il suo mutuo con una decina d’anni di anticipo.

Noi non ne facciamo una questione di tifo, ma chiediamo: i promotori del referendum contro il credito a Expo, che ne pensano? E il PPD del Presidente Lombardi che dice?

17/12/2014

Sadis lascia, ma almeno il DFE lo accettò.

http://gas.social/2014/12/15/sadis-lascia-ma-almeno-il-dfe-lo-accetto/

Anni di leghismo e, da ultimo, un Governo a maggioranza relativa hanno portato anche a questo: fra le centinaia di firme a sostegno dell’appello perché Laura Sadis cambiasse idea e potesse rendersi disponibile a entrare nella lista per il Consiglio di Stato non ci sono solo persone di area liberale-radicale, anzi.

Ci sono persone vicine al PPD, all’area di Sinistra, apolitiche. E questo deve far pensare. Perché, quando si lavora seriamente e per il bene comune, un politico può essere considerato come avversario ma mai come un nemico. Nella garbata lettera in cui Sadis ha confermato la sua indisponibilità a ricandidarsi si leggono l’educazione, la cortesia e il senso istituzionale di parole che non siamo più abituati a leggere e sentire.

Nel 2011 sia Marco Borradori sia Norman Gobbi rifiutarono il DFE, dimostrando all’atto pratico come essere all’opposizione sia una cosa e governare sia un’altra. E il pensiero, oggi, corre al deficit cantonale, alla battaglia sul Preventivo che andrà in scena a breve. Ed è più che autorizzato anche un piccolo pensiero a cosa diavolo sarebbe successo se il DFE fosse finito in mano leghista.

Invece no. Hanno sbraitato sul loro settimanale per anni riguardo a decisioni che loro hanno rifiutato di prendere alla radice. Hanno messo alla berlina una ministra discutibile finché si vuole ma almeno con un altissimo senso delle Istituzioni. Per niente costruttivo, coerentemente con la linea tenuta dalla Lega dei Ticinesi in questi quattro anni.

Dal canto nostro, noi approfittiamo dell’occasione per pubblicare, in esclusiva, l’elenco delle 523 adesioni all’appello affinché Laura Sadis ci ripensasse (http://gas.social/wp-content/uploads/2014/09/elencoadesionisadis2.pdf).

15/12/2014

Storia di Breel Embolo, futuro svizzero.

http://gas.social/2014/12/13/storia-di-breel-embolo-futuro-svizzero/

 

Breel Donald Embolo è nato in Camerun nel 1997 ed è arrivato a Basilea assieme alla madre quand’era ancora un bambino. Lì ha iniziato a tirare i primi calci al pallone e sta frequentando le scuole dell’obbligo, ha imparato perfettamente la lingua, ha vestito con orgoglio le maglie di tutte le selezioni nazionali. La notizia di ieri è che gli è stato concesso il passaporto elvetico, il che lo renderebbe convocabile anche per la Nazionale maggiore, qualora scegliesse di diventare Svizzero.

 

Nonostante un curriculum estraneo, per dire, alla stragrande maggioranza dei ricchi stranieri che godono di permessi in deroga per scopi fiscali, varia umanità di strana fattura l’ha apostrofato sotto il link Facebook di un noto portale di news. L’hanno sfottuto per il cognome, per il colore della pelle, per la nazionalità. E mi è venuto il vomito.

 

Perché in fondo dovremmo finirla di chiederci perché certi politici si comportino in un certo modo e dovremmo invece iniziare a pensare al livello di chi li vota. Una classe politica è sempre il riflesso del proprio elettorato. Allora, analizzando a fondo certe bacheche e certi commenti che sanno più di fogna che di produzione mentale, capiremmo. Capiremmo il razzismo che alberga in un Paese che ha quattro lingue federali, che deve la sua ricchezza anche ai capitali stranieri fin dai tempi degli Asburgo, che ha sempre fatto dell’accoglienza un punto d’onore etico e morale. E sapremmo come combatterlo meglio.

 

Forza, Breel, siamo con te!

13/12/2014